Intervista alla Founder & Senior Partner della società di produzione indipendente Propaganda, specializzata in film di genere, realizzati con partner internazionali, ma con un’originalità tutta italiana
Quali sono la filosofia e il core business di Propaganda?
Per oltre 10 anni mi sono occupata di finanziamenti e promozione a livello internazionale con Propaganda G.E.M. Nel 2014 ho pensato di aprire una casa di produzione che facesse ciò che nel mercato italiano mancava: film e serie di genere dove l’Italia vantava una grande tradizione. Propaganda punta su autori capaci di costruire opere di genere senza scimmiottare gli americani ma con uno sguardo autentico. Così sono nati: il thriller La macchinazione di D. Grieco, sull’omicidio Pasolini, il cinecomic 5 è il numero perfetto di Igort, e sono in arrivo diversi titoli tra horror, fantascienza e family.
Com’è composto il team della società?
Nel 2017 è arrivato Mattia Oddone, socio e ad, dopo una lunga esperienza a capo delle vendite estere in Rai. Io mi occupo di sviluppo e produzione; Teresa Cristiano è la responsabile amministrativa; Cristina Rajola è la responsabile per i finanziamenti pubblici; Giusy Santoro, ex M2Pictures, è alla direzione marketing; Salvatore De Chirico, precedentemente script editor in Lotus, è alla direzione editoriale.
Propaganda è alle battute finali di un processo di rebranding.
La sostanza per una casa di produzione sta nei talenti che riesce ad attrarre e curare. Una filosofia, questa, che abbiamo voluto far emergere nel nostro logo – un volto – proprio per rimarcare che le persone contano. Il nostro logo animato racconta invece il nostro processo di supervisione dalla scrittura allo schermo: ci si dimentica troppo spesso della cura che necessita ogni singolo passaggio della produzione.
Avete già terminato alcuni film che vedremo nel 2022?
Siamo in fase di delivery con Piove, un horror sulla rabbia o, come ci diverte dire, un coming of rage di Paolo Strippoli, in coproduzione con la belga GapBusters; a marzo sarà pronto Monica di Andrea Pallaoro, girato in inglese e coprodotto con gli Usa. A maggio chiuderemo After Work, il doc di Erik Gandini, con il contributo di Noam Chomsky, una coproduzione con Svezia e Norvegia.
E tra le nuove produzioni?
Ad aprile iniziano le riprese del thriller Woken di Alan Friel con Erin Kellyman e Maxine Peake, una coproduzione con gli irlandesi di Fantastic Films. A seguire, sa remo sul set con Volare! di Pier Paolo Paganelli, primo film di una saga fantasy per famiglie, poi con lo sci-fi Obliquo 616 di Lyda Patitucci, in coproduzione con Belgio e Irlanda.
Qual è il canale di distribuzione privilegiato dei vostri film? Cinema o streaming?
Più che al canale di sfruttamento, pensiamo al pubblico di riferimento. Le nostre produzioni hanno un forte production value che le rende adatte alla sala quanto allo streaming. Lo scenario sta cambiando: per uscire al cinema i film devono essere eventi in termini di unicità di storia, sguardo registico, appeal del cast… Mi pare che questo sia l’ideale sempre a prescindere dal canale di distribuzione.
Quali sono gli ingredienti imprescindibili per realizzare film esportabili?
L’input internazionale già in fase di sviluppo: è cruciale per gli autori confrontarsi con culture diverse sin dall’ideazione. Per questo testiamo i concept con venditori esteri e coproduttori sin dall’opzione e i nostri film sono sempre in regime di coproduzione. Ritengo in generale che confrontarsi sia sano e che diversi punti di vista portino ricchezza ai progetti.