Il comparto produttivo guarda con grande preoccupazione alla revisione delle norme del tax credit stabilite dalla Legge di Bilancio, allarmato da regole poco chiare e da un clima di incertezza che ha già rallentato lo sviluppo di film e serie tv nei primi mesi dell’anno. Ma quali sono le maggiori criticità da sbrogliare? Come dovrebbe essere un tax credit ideale? Lasciamo la parola ad alcuni produttori – indipendenti e non – che, oltre a sottolineare le criticità, hanno proposto correttivi volti a ridurre possibili distorsioni. Interventi che non entrano solo nel tecnicismo, ma che presentano anche riflessioni di buon senso (non certo nuove) chiedendo a gran voce un potenziamento della struttura della DG-Cinema, uno stop ai ritardi sulle finestre del tax credit e una distribuzione delle risorse più puntuale.
BENEDETTO HABIB
Partner di Indiana Production e presidente unione produttori Anica
“La Legge Cinema è una legge di sistema che regola in modo ampio tutto il complesso di norme a supporto dell’industria cinematografica e audiovisiva. Negli ultimi anni, come produttori abbiamo attivamente proposto una serie di riforme sempre con l’obiettivo di rendere più efficiente ed efficace l’utilizzo delle risorse e sempre con una visione di insieme dei meccanismi in essere relativi al Tax Credit, ai contributi selettivi ed automatici, cercando di complementare il quadro regolatorio in modo coerente anche con le norme che regolano gli obblighi di investimento in capo a Televisioni e Streamer. Alla luce di quanto già previsto nell’ultima Legge di Bilancio siamo quindi in attesa dei Decreti Attuativi di riforma con la convinzione che possano accogliere molte delle proposte da noi presentate negli ultimi anni. Due sono le questioni che ci preoccupano molto:
1) Siamo consapevoli che il nuovo quadro normativo modificherà aspetti importanti dei meccanismi di supporto e proprio per questo non è possibile tenere l’intero settore nell’incertezza dei dettagli dei cambiamenti che rende in questo momento impossibile la definizione dei piani finanziari e contestualmente la chiusura di accordi di coproduzione e distribuzione, lasciando l’intera industria completamente ferma con tutti i conseguenti risvolti anche a livello occupazionale.
2) L’insieme di riforme, da quanto ci è dato di sapere, andranno a rendere sempre più necessaria un’attività di verifica ex-ante delle pratiche presentate, ed in generale una ancor maggiore mole di lavoro per la struttura della DG-Cinema. Ritardi nella conferma delle pratiche presentate, significano per tutti costi sempre più insostenibili che vanno a danneggiare fortemente le strutture più piccole e finanziariamente più esposte. Come abbiamo più volte ribadito, è importante che ci sia un forte rafforzamento nella struttura della DG-Cinema con l’assunzione subito di nuove risorse professionali per poter dare, a tutti gli operatori del settore, risposte certe in tempi brevi”.
GIAMPAOLO LETTA
Vicepresidente e amministratore delegato di Medusa Film
“È apprezzabile e condivisibile che la normativa, dopo i primi anni di applicazione, sia oggetto di un “tagliando” teso ad ottimizzare l’utilizzo di risorse pubbliche e a migliorare i meccanismi di accesso e di utilizzo degli incentivi fiscali. È, inoltre, auspicabile una semplificazione di tutta la normativa di settore per rendere chiari i termini e i tempi delle procedure amministrative, indispensabile per la pianificazione di tutte le aziende del settore. Ed è necessario che il MiC implementi i profili tecnico/amministrativi per consentire l’applicazione della normativa in tempi e modi certi.
Sono diversi i punti legati al tax credit produzione che necessitano la nostra attenzione:
• Per quanto riguarda i requisiti di accesso al credito d’imposta per opera cinematografica da parte del produttore, si dovrebbe inserire la presenza di un accordo vincolante con una delle primarie società di distribuzione, o un coproduttore, o un fornitore SMAV, che copra una percentuale del budget di almeno il 30-40% del costo dell’opera e che preveda anche lo sfruttamento cinematografico in sala con relativo impegno quantitativo minimo degli investimenti in promozione, nonché l’individuazione di un numero minimo di sale e di giornate di programmazione.
• Forti perplessità si nutrono in relazione ai requisiti di accesso per società: l’individuazione di parametri che accertino la “serietà” della società (anni di attività, numero film prodotti negli ultimi anni, ecc…) rischia di essere considerata discriminatoria.
• Vista la delicatezza del tema e la rilevanza dei fondi stanziati, dovrebbe rafforzarsi il già presente obbligo di certificazione dei costi delle opere da parte di revisori (società o persone fisiche) iscritti all’omologo albo, nonché a quello proprio del MiC, con una più stringente certificazione effettuata da primarie società di revisione (le prime 20-30 in ordine di fatturato).
• Al fine di limitare l’accesso “indiscriminato” al credito d’imposta, si potrebbe prevedere un meccanismo di aliquote decrescenti in funzione del costo del film. Una proposta potrebbe essere: 40% fino a 15 milioni; 35% fino a 20 milioni; 30% oltre i 20 milioni.
• Un altro meccanismo limitativo potrebbe essere rappresentato dall’introduzione di un ulteriore tetto ai costi “sopra la linea” che usufruiscono del tax credit (da affiancare all’attuale 30% del costo totale del film). Questo meccanismo potrebbe concretizzarsi con l’introduzione di più specifici “cap” dell’ammontare del credito di imposta utilizzabile per i compensi dei talent (registi, sceneggiatori, attori).
• Ultimo punto ma estremamente rilevante per il sistema produttivo italiano è l’estensione del tax credit produzione con aliquota “piena” anche ai produttori “non indipendenti”. Ciò dovrebbe ovviamente portare al superamento, oltre che dell’attuale aliquota del 25%, anche del tetto annuo di 5 milioni per impresa o gruppo di imprese.
TAX CREDIT PRODUZIONI INTERNAZIONALI
Per tale tipo di sostegno valgono i suggerimenti legati a considerazioni più generali, in particolar modo introducendo criteri ancor più stringenti sulla territorializzazione (nazionale) delle spese con relativo controllo certificato. Da valutare attentamente l’opportunità di concedere il credito di imposta anche ai compensi di attori e registi non italiani. In ogni caso, anche per questa fattispecie andrebbe immaginato un tetto entro il quale si possa usufruire del credito di imposta, analogamente a quanto si vuole prevedere per i talent italiani”.
FEDERICA LUCISANO
Amministratore delegato di IIF – Italian International Film
“Credo sia molto importante che il tax credit rappresenti il completamento del finanziamento di un film e non la ragione principale per cui si realizzi un’opera cinematografica. I film dovrebbero essere innanzitutto di interesse per il mercato e, di conseguenza, per evitare una produzione di titoli in eccesso che spesso finiscono per restare sostanzialmente senza uno sfruttamento theatrical, i film realizzati dovrebbero sottostare a determinati requisiti. In particolare, tutte le opere italiane (cinema, audiovisivo, documentari, animazione) che intendono beneficiare al tax credit in via preventiva o ex post per l’accesso in via consuntiva dovrebbero essere sempre subordinate all’adempimento di una delle seguenti condizioni ex ante:
1) requisito artistico/culturale: aver ottenuto un contributo selettivo
2) requisito economico commerciale: avere un contratto con un distributore cinematografico italiano, o con uno smav soggetto a legislazione italiana, per un importo minimo pari al 20% del costo di produzione. Relativamente al meccanismo di acconto e saldo in virtù dell’introduzione di requisiti di accesso più stringenti bisognerebbe passare dal 40% a preventivo al 60%, così da coprire più efficacemente il fabbisogno fiscale dell’opera che genera il credito.
Qualora il tema del tax credit fosse legato alle risorse enon solamente alla sua visibilità sul mercato, si potrebbe studiare una riduzione dell’aliquota a scaglioni decrescenti superato un determinato livello di budget. Un altro elemento emerso è la significativa quantità di risorse che sono state assorbite dalle produzioni esecutive internazionali. Per questa tipologia di tax credit credo sia fondamentale stabilire un plafond annuale non sforabile. Ma la premessa più importante riguarda la certezza della norma e la sua attendibilità. Questa certezza resta il pilastro determinante della nostra industria”.
MARINA MARZOTTO
Founder & Senior Partner di Propaganda
“Il tax credit (TC) nasce per rafforzare un settore strategico per la diffusione della cultura italiana. Cinema e audiovisivo, infatti, sono il mezzo più potente per promuovere un Paese, ma gli incentivi vanno disegnati rispetto a degli obiettivi. Provo quindi ad indicare in sintesi obiettivi e possibili azioni per raggiungerli:
• Per consolidare la produzione indipendente serve imporre che la quota di copertura del budget garantita dal TC corrisponda alla quota di diritti dominicali in capo al produttore indipendente.
• Per moderare/mirare la spesa vanno inseriti limiti annui al TC per azienda entro i 20 milioni di euro, in considerazione del fatto che la Media impresa si definisce entro i 50 milioni di euro di fatturato annuo.
• Per moderare/mirare la spesa vanno inseriti limiti al TC per opera a 4 milioni di euro per il cinema e a 6,8 milioni per l’audiovisivo.
• Per evitare di sprecare risorse su progetti substandard e che non pagano i minimi salariali previsti, per tutti gli incentivi va inserito un costo minimo ammissibile: in Europa il costo minimo ammesso medio per i finanziamenti pubblici è di 1 milione di euro per il cinema, 200mila euro per i documentari, 20mila euro per i corti.
• CD. “Film Difficili” I film difficili non dipendono solo dal budget ma sono quelli che: presentano solo nuovi talenti sopra-la-linea; non si basano su IP importanti o storie riconoscibili, quindi, non hanno richiamo sul pubblico e un track record per l’industria. La qualifica di FD deve basarsi su un punteggio, (come per la Nazionalità), che tenga conto di questi elementi.
• I FD dovrebbero essere i soli ammessi ai contributi Selettivi.
• Aliquote differenziate per voci di costo possono ottenere obiettivi strategici. ES 1: un’aliquota più alta sui compensi di registe e capi reparto donne può agire sul gender pay-gap. ES 2: un’aliquota sulle spese sopra-la-linea inversamente proporzionale al track record del regista può dare accesso agevolato a top cast e sceneggiatori ai registi debuttanti.
• Per promuovere i talenti e il territorio italiano rendendo le produzioni italiane più forti all’estero per i cd. Esecutivi e le Minoritarie vanno previste aliquote inversamente proporzionali alla popolarità della location delle riprese; aliquote più alte per spese italiane su cast principale e capi reparto.
• Il TC sui costi di distribuzione dovrebbero essere automatico per i film beneficiari di Selettivi per garantire una distribuzione degna.
• Serve un TC sui minimi garantiti di distribuzione inseriti in piano finanziario per promuovere sane pratiche commerciali.
ALESSANDRO USAI
Amministratore delegato di Colorado Film
“Il tax credit è stato di vitale importanza in questi anni per il rilancio del settore, potenziato col fine di attutire il momento drammatico generato dalla pandemia. Il risultato è stato un aumento molto significativo degli investimenti nell’audiovisivo in Italia e il raggiungimento della piena occupazione in un settore industriale strategico non soltanto dal punto di vista occupazionale ma anche per la costruzione di un immaginario audiovisivo italiano che argini il dominio della produzione culturale estera nel nostro Paese.
Ovviamente, ora il tax credit necessita di alcuni correttivi per migliorare la sua efficacia e ridurre possibili distorsioni. L’elemento più importante è che questo strumento sia stabile nel tempo e che eventuali modifiche vengano programmate e comunicate con molto anticipo (almeno 12 mesi) agli operatori e al comparto della produzione. La costruzione finanziaria di un film, infatti, avviene con mesi di anticipo rispetto all’inizio delle riprese e l’incertezza sulle aliquote e sulle regole è più dannosa di una riduzione delle stesse. L’incapacità di prevedere queste regole ha come unico effetto quello di bloccare gli investimenti e le produzioni con una conseguenza tragica sul comparto e sull’occupazione.
Per limitare l’utilizzo del tax credit alle opere che effettivamente hanno uno sbocco sul mercato ed un pubblico di riferimento, è importante prevedere l’ottenimento di un contratto ed un contributo da parte di chi porta l’opera audiovisiva sul mercato (minimi garantiti o coproduzioni dei distributori, broadcaster o piattaforme). Ci possono essere eccezioni legate alla particolare difficoltà dell’opera, ma in generale non avere un accordo porta come conseguenza inevitabile la non circolazione dell’opera stessa.
Al fine di ottenere il risultato della migliore pianificazione finanziaria, sarebbe fondamentale avere la cosiddetta finestra del tax credit sempre aperta. Non sapere se e quando si potrà usufruire di un credito di imposta previsto per legge comporta esclusivamente l’aumento degli oneri finanziari in capo alle imprese, con molto beneficio agli istituti finanziari e nessuno al settore.
In terzo luogo, sebbene sia importante l’effetto attrattivo sulle produzioni estere, sarebbe utile mettere un limite all’ammontare di tax credit di cui queste opere possono usufruire. Le opere di nazionalità italiana e che coinvolgono produzioni italiane con strutture stabili in Italia dovrebbero avere la precedenza rispetto a produzioni internazionali “mordi e fuggi”. L’aumento incontrollato delle produzioni internazionali ad alto budget ha poi come ulteriore conseguenza la lievitazione dei costi del lavoro e delle forniture anche per il resto del comparto e quindi un aumento di tutti i budget produttivi senza un collegamento con il potenziale di mercato delle opere.
Venendo, infine, a questioni più tecniche penso che sarebbe importante aumentare anche la quota di tax credit preventivo che viene riconosciuto all’impresa al momento della presentazione del preventivo, portandolo dall’attuale 40% al 60%. Che il consuntivo sia più basso del preventivo di oltre il 40% è, infatti, altamente improbabile, mentre l’ottenimento del solo 40% come accade oggi è un altro elemento che contribuisce all’aumento degli oneri finanziari per le imprese, specie da quando i tassi di interesse sono cresciuti in maniera significativa”.
Redazione, e-duesse.it (04/03/2024)